giovedì 29 dicembre 2011

Out on the week end

Il periodo natalizio quest’anno è stato caratterizzato dalla precisa volontà di non pensare agli spettri degli ultimi mesi, a cosa serve altrimenti questa festa? Il  suo significato religioso non mi interessa, il lato consumistico mi indigna, ma sono rinfrancato dal tempo passato con i miei cari e dalle attenzioni date e ricevute. Dopo un anno passato a pensare principalmente ognuno a fatti propri ci si ritrova tutti insieme per condividerne una parte.
Babbo Natale ha pensato bene di fomentare le mie ambizioni da musicista di strada, facendomi trovare sotto l’albero un banjo e un’armonica, visti i tempi di crisi in cui viviamo è un preciso invito a considerare possibile un futuro da strimpellatore vagabondo.
Ed in realtà è proprio questo quello che ho voglia di fare in questi giorni finalmente liberi dal lavoro: partire al mattino presto con la macchina e la chitarra, gironzolare finche non trovo un bel posto, magari verso i monti e con un bel panorama ( i Sibillini in questi giorni sono uno spettacolo visti dalle mie parti) e mettermi a suonare canticchiando qualcosa di Eric Clapton o, ancor meglio, qualcosa da “Harvest” o “After the gold rush” di Neil Young. La delicata disperazione di alcuni dei suoi pezzi è un perfetto accompagnamento al momento che sto passando e alle riflessioni di fine anno volutamente evitate.

martedì 20 dicembre 2011

Notturne evasioni

Mi ero disabituato alle notti insonni. Non ho più la pazienza di aspettare Morfeo per ore intere, rigirandomi tra le lenzuola, ormai preferisco alzarmi e dedicarmi ad altro. Dopo un fine settimana come quello appena passato credevo che stanotte avrei dormito sereno come un bambino, ma così non è stato. Pensavo che una domenica passata a lavoricchiare e un sabato di svago totale culminato con l’incontro con un amico che non vedevo da tempo avrebbero allontanato alcuni fantasmi che mi tormentano in questi giorni.
Purtroppo i fantasmi sono tornati a farsi sentire  e non ho potuto fare altro che scacciarli nell’unico modo che funziona: prendendo la chitarra acustica e suonando nel cuore della notte, al buio. Così ho passato due ore tra alcuni grandi classici blues di  Bo Diddley, Muddy Waters, Big Bill Bronzy, Johnson, Jesse Fuller.. tutti quanti nella versione di Clapton nell’album Unplugged, disco che ultimamente sto rivalutando probabilmente per il fatto di  avere un certo ritorno di fiamma per la chitarra acustica. Tra stecche, versi sbagliati o inventati, accordature aperte improbabili e sforzi di memoria per ricordare i fraseggi gli occhi si sono fatti gonfi e pesanti e ho potuto riposare un po’.
Ho la pessima abitudine di affrontare le questioni che mi spaventano e mi agitano solo quando sono messo alle strette, altrimenti le posticipo all’infinito. Ogni volta che utilizzo questa “tecnica” sembro ritrovare tranquillità per un po’,  ma la consapevolezza che c’è un problema irrisolto da affrontare scava e scava fino a riaffiorare in superficie sotto forma di manifestazioni psicosomatiche… insonnia, colite, gastrite sono il bagaglio che la mia mediocrità mi fa portare a spasso.

martedì 13 dicembre 2011

Dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei!

Deve esserci qualcosa di irrisolto tra me e Battiato! Non è possibile che ogni volta che mangio pesante a cena, anzi, ogni volta che mangio cinghiale a cena il mattino dopo mi sveglio con in testa qualcosa di suo. Era successo una ventina di giorni fa con “Pollution” e questo fine settimana si è ripetuto con “Sulle corde di Aries”, precisamente con “Sequenze e frequenze”:

La maestra in estate
ci dava ripetizioni
nel suo cortile.
Io stavo sempre seduto
sopra un muretto
a guardare il mare.
Ogni tanto passava una nave.
Ogni tanto passava una nave.
E le sere d'inverno
restavo rinchiuso in casa
ad ammuffire.
Fuori il rumore dei tuoni
rimpiccioliva la mia candela.
Al mattino improvviso il sereno
mi portava un profumo di terra




Forse oltre al banale accostamento Battiato – cinghiale (che in questo caso non è in bianco, ma in salmì, peraltro ottimo nel ristorante che preferisco in quel di Visso) c’è qualcosa di più e solo un team di esperti gastroenterologi in collaborazione con degli psicoterapeuti potrebbero essere in grado di scoprirlo. Davvero non riesco a capire perché quando mangio pensate mi sveglio con i primi lavori di Battiato in testa… sarà perché anche questi non sono di facile digestione?
A quanto pare il cinghiale ha su di me lo stesso effetto che l’ LSD aveva su Syd Barrett (o su un altro geniaccio tipo Peter Green), chissà  quanto i Pink Floyd sarebbero stati diversi se il bel Roger Keith avesse avuto il vizio del suino selvatico dei Sibillini, piuttosto che quello per l’acido lisergico.
Ecco.. se un lunedì inizia prima dell’alba con tali ragionamenti dal resto della settimana ci si può aspettare davvero di tutto.

martedì 6 dicembre 2011

Polvere sei e polvere respirerai

Ho bisogno di staccare dagli aspetti del lavoro che mi opprimono, sento la necessità di dedicarmi alla mia vera passione, è una delle poche cose che mi fa sentire in pace con me stesso. Niente mi rilassa come una giornata passata a lavorare il legno, da solo, lontano da tutti, solamente io, gli attrezzi e qualche pezzo di mogano o di acero. Un lavoro vecchio quanto l’uomo, ma sempre utile e necessario.
Non ho mai indagato fino in fondo dentro me stesso per capire se questa passione sia frutto solamente del fatto che essendo figlio, nipote e pronipote di falegnami  ho respirato da sempre polvere di legno e non ho sentito parlare di molto altro in famiglia, oppure se sia stata semplicemente la strada più semplice da percorrere. Sta di fatto che una volta terminato il liceo ho sentito l’irrefrenabile richiamo di questo mestiere e nonostante mi sia stato sconsigliato da tutti ogni tanto sono ancora qui a tagliare, incollare, raspare, scolpire, carteggiare e verniciare. Purtroppo per necessità “superiori” devo dedicare la maggior parte del tempo ad attività non manuali, ma forse proprio per questo le poche occasioni in cui posso dedicarmi alla falegnameria e alle sue svariate applicazioni (la liuteria, nella foto) costituiscono un rifugio protetto dalla frenesia del mondo esterno. 

venerdì 2 dicembre 2011

Quattro salti nel passato...

Deve essere stata un’emozione non indifferente per mi padre trovarsi a sostituire il portoncino d’ingresso dell’appartamento recentemente acquistato da mia sorella (che tra l’altro ha fatto un affarone, pagando relativamente poco un appartamento enorme a corso Cavour a Macerata) e rendersi conto che quello vecchio era stato realizzato da suo padre 57 anni or sono. Già! La palazzina risale al 1954-1955, quando, durante la ricostruzione post-bellica mio nonno ha gettato le basi per l’attività che di lì a poco avrebbe coinvolto mio padre e molto più tardi me.
Il vecchio portoncino è stato  piazzato sul banco da lavoro e aperto come se fosse l’oggetto di una autopsia, di nascosto ho visto la ricerca di dettagli, particolari che rivelassero qualche abitudine costruttiva persa nelle pieghe della memoria,  ho sentito critiche riguardo tecniche  poco ortodosse che hanno portato nel tempo il legno a piegarsi (questo mi ha rincuorato un po’, ho constatato che le sue critiche in ambito lavorativo sono rivolte un po’ a tutti, non solo a me), era come se quelle due ante fossero il libro dei ricordi nel quale mio padre ha potuto rivivere per un po’ gli anni della sua adolescenza, quando ha iniziato ad intraprendere quel mestiere che non ha più abbandonato per il resto della sua vita.
Ogni oggetto ha qualcosa da raccontare, ma in questo caso un intero mondo si è spalancato oltre le due ante, sono contento per mio padre che ha potuto rivivere per un po’ in quel mondo e ha potuto pensare che un giorno, quando io o mia sorella metteremo mano, per un motivo o l’altro , a uno dei tanti mobili che ha voluto farci per i nostri appartamenti potremmo avere lo stesso dolce pensiero che ha avuto lui per suo padre.
L’unico dispiacere è per le porte dell’appartamento, anch’esse realizzate da mio nonno, che sicuramente saranno finite in qualche mercatino dell’usato o da qualche restauratore… per carità, non sono particolarmente attratto dallo stile anni ’50, ma mi avrebbe fatto piacere riutilizzarle in qualche modo.