venerdì 27 gennaio 2012

Nobody knows you when you're down and out

Alcune canzoni sfidano il tempo e saltellano qua e là cambiando la forma ma non la sostanza.
Chissà se un tale di nome Jimmy Cox quando, quasi 90 anni fa, scrisse “ Nobody knows when you’re down and out” avesse minimamente idea della gloria che il destino aveva in serbo per la sua creatura. Ne dubito. Oltre al successo che ebbe verso la fine degli anni ’20, soprattutto grazie alla famosa versione di Bessie Smith, negli anni ’60 venne ripescata in chiave soul da Sam Cooke e da Otis Redding, poi ripresa nella sua originaria veste blues da Janis Joplin e dalla Allman Brothers Band , fino ad arrivare al potente rock blues di Derek and The Dominos.
La lista delle incisioni è in continuo aggiornamento e dagli anni ’80 altri artisti eccellenti come Billy Joel, Rod Stewart, B.B. King, Don McLean hanno contribuito a rendere questo pezzo immortale. La nota dolente arriva alla fine, quando come ultimo performer si legge il nome di Carla Bruni (Sic!).. ecco se c’è lei chiedo a gran voce di essere inserito anche io!
D’altra parte c’è poco da fare, mi diverto così e se dalle sconclusionate jams con il buon vecchio Frank non esce niente di buono devo suonarmela e cantarmela da solo, con scarsi risultati, ma enorme divertimento.

Nobody knows when you're down and out by aftermidnight78

lunedì 16 gennaio 2012

Tubular bells



Quel motivo ripetuto da tutti gli strumenti che in fila indiana entrano sopra una tappeto di basso dal sapore molto fusion mi ha svegliato presto stamattina.. già, proprio quello di Tubular Bells (lato A) di Mike Oldfield. Lo avevo in testa da ieri sera, mi ha cullato mentre mi assopivo tra le braccia di Morfeo e l’ho ritrovato lì stamattina quando la luce filtrata dalle persiane ha iniziato a colorare la stanza di arancione. Ho rispolverato il cd un paio di giorni fa perché avevo voglia di divertirmi un po’ nel variare la parte iniziale, quella utilizzata dall’esorcista, per intenderci. Invece in testa mi è rimasta la parte conclusiva, quella che mi ha sempre colpito di più. Se solo penso che l’opera è stata concepita e realizzata quasi esclusivamente da una ragazzo di appena vent’anni.. beh, resto senza parole, e provo un po’ di invidia e di tristezza per la mia mediocrità. Suono la chitarra, ma non sono un fenomeno e non mi sento affatto portato, mi interesso di vini ma non sono un sommelier, colleziono cd e vinili, passo ore ad ascoltare musica ma quelle poche cose che ho scritto al riguardo fanno pena, gironzolo in macchina per cercare panorami degni di essere immortalati con la macchina fotografica, ma i risultati non hanno mai niente di speciale, lavoro il legno da anni ma non posso definirmi falegname, costruisco chitarre ma non ho mai raggiunto la perfezione che vorrei… potrei andare avanti all’infinito!!

venerdì 13 gennaio 2012

The long and winding road to San Quirico




Una delle cose che più mi piace fare è guidare. In auto riesco quasi sempre a rilassarmi e a valutare con calma le questioni che mi assillano, aiutato dalla musica, ovviamente.
Una strada alla quale sono particolarmente affezionato è quella che porta a San Quirico d’Orcia, precisamente dal tratto che da Torrita di Siena passa per Montepulciano, poi Pienza ed infine conduce a San Quirico. Ci sono stato diverse volte, generalmente in primavera, e ogni tanto sento un bisogno profondo di tornarci. Se avessi potuto scegliere dove nascere avrei sicuramente scelto di nascere lì, tra quelle dolci colline di un verde che non è mai lo stesso, ma cambia enormemente col cambiare delle condizioni di luce e del vento; quei cipressi che conducono a qualche bel casolare di campagna e perché no… l’ottimo vino e l’ottimo cibo. Mi pare di aver letto una volta che a San Quirico si ha l’aspettativa di vita più alta in Italia… la val d’Orcia è davvero un posto in cui il tempo sembra scorrere ancora con i ritmi di una volta, il luogo ideale dove abbandonare ogni tipo di stress.
Ricordo con molto piacere la scappatella che ho fatto in zona a fine marzo. In un pigro sabato mattina di inizio primavera decido di fare qualcosa di gratificante per il corpo e per lo spirito quindi prendo qualche cd (circa 40) e mi metto in macchina alla volta della val d’Orcia.
Si susseguono ascolti quasi dimenticati, non ricordavo quanto fosse facile astrarsi dalla realtà ascoltando “If i could only remember my name” di David Crosby, oppure quanto fosse geniale e versatile la chitarra di Randy Wolfe “California”, leader degli Spirit in “Twelve dreams of Dr. Sardonicus… per non parlare di quel capolavoro assoluto di Tim Buckley, “Goodbye and hello”, che mi culla con la sua voce d’angelo.

Quando arrivo dalle parti di Moltepulciano è il turno di “Let it be” dei Beatles, perché “The long and winding road” mi fa pensare proprio a quella strada che solca le colline tra Montepulciano, Pienza e San Quirico… il viaggio è stata un’esperienza quasi catartica e alla vista di quei dolci rilievi dominati dal monte Amiata mi si è aperto il cuore.
Il tempo di parcheggiare e mi si è aperto anche lo stomaco… quindi una sosta in uno degli ottimi ristoranti della zona è obbligata. Pappardelle al cinghiale, filetto e due calici di Brunello.. ahhh, ritemprato nel corpo e nello spirito faccio una bella passeggiata per le vie del paesino poi l’immancabile capatina a Montalcino per comprare qualche bottiglia del già citato Brunello da regalare agli amici e dopo riprendo la via di casa, fermandomi di tanto in tanto a fare qualche foto.. peccato che la luce quel giorno non fosse delle migliori.
Insomma, non posso lamentarmi: ottimo cibo, ottimo vino, ottima musica, magnifici luoghi e, a differenza di quanto accade di solito quando sono solo, anche ottima compagnia!

lunedì 9 gennaio 2012

Golden Slumbers

In queste insolite giornate di ferie ho dato sfogo a  tutte le mie passioni, cercando di incastrare nell’arco delle 24 ore quante più attività possibili. Musica, corsa, cucina, viaggi in macchina, degustazioni di vini in compagnia di amici, falegnameria, fotografia, poker… sono riuscito a ricaricare le pile stando sempre in movimento. Non potevo sperare di meglio.
Ho finalmente potuto iniziare la realizzazione di un paio di mobili che avevo in mente da tempo ed  ho potuto fugare finalmente i dubbi sulla fattibilità di certe cose, o meglio, ho fugato i dubbi sulla mia presunta incapacità nel fare certe cose. Purtroppo la quotidianità mi impone un percorso estremamente rigido e confinato entro limiti invalicabili… ed è proprio il superamento di certi limiti che mi regala le soddisfazioni più grandi.
La musica, suonata ed ascoltata, ha fatto da padrona, ad orari improbabili e a volumi improponibili, in macchina, a casa, all’aperto, in cuffia.
Immancabili come al solito sul piatto del giradischi i Beatles, quelli degli album della maturità, da Rubber Soul in poi. Ho sempre sentito la sensibilità di McCartney vicina alla mia, devo ammettere che preferisco le sue canzoni a quelle di Lennon, (mi riferisco solamente al periodo di attività dei Beatles e non alle loro carriere da solisti) “Eleanor Rigby”, “The fool on the hill”, “She’s leaving home” denotano interesse nei confronti di personaggi ai margini o fuori dagli schemi, un aspetto che generalmente apprezzo nelle persone.
Vista l’ingente quantità di strumenti musicali che mi ritrovo per casa ho pensato bene ( o male, dipende) di registrare qualcosa proprio di McCartney, purtroppo la mancanza di un’adeguata attrezzatura per la registrazione mi ha imposto di pensare ad una canzone breve senza possibilità di sovraincidere più di una traccia per il basso e un’altra per qualche arrangiamento qua e là, quindi “Golden Slumbers” è stata la scelta più ovvia.  Piano (ehm… tastiera, il pianoforte dopo il trasporto si è orrendamente scordato), voce in presa diretta,  basso (in realtà è una chitarra, ma di bassi al momento non ne ho) e qualche riempimento sovraincisi, per una dolce ninna nanna che apre la progressione ( Golden Slumbers, Carry that weight, the end) che porta a termine “Abbey Road” e quindi le registrazioni dei Beatles ( Let it Be è uscito dopo ma era stato registrato in precedenza) Purtroppo il risultato finale è quello che è, ma il divertimento nel fare certe cose supera di gran lunga l’imbarazzo che provo nell’ascoltare il prodotto finito.


Golden Slumbers-1 by aftermidnight78

giovedì 5 gennaio 2012

Key to the highway

Cosa succede quando due chitarristi si incontrano? ... mmm se si tratta di me e del mio amico Frank si farà di sicuro bisboccia e si finirà per strimpellare il motivetto di "lo chimavano Trinità" (fischio incluso), quello di “il buono, il brutto, il cattivo”  oppure "funiculì funiculà".... ma se questi due chitarristi si chiamano Eric Clapton e Duane Allman (accompagnati da  un bassista e un batterista di grande spessore) il discorso cambia, ne può venir fuori un disco estremamente interessante! "Layla and other assorted love songs" (1970) questa è la fatica del gruppo chiamato "Derek and the Dominos", nome anonimo che non fa pensare al sodalizio dei due come ad un'operazione commerciale( uno di quei casi in cui si può parlare di affinità elettive…). Ultimamente sto consumando questo cd nel lettore della mia auto, le lunghe cavalcate delle due chitarre sembrano perfette per i viaggi di una certa durata. Scorre in modo molto piacevole  ed alterna poderosi blues a languide ballate, passando per un omaggio a Hendrix: una "Little wing" riarrangiata che a mio dire tutto sommato non sfigura, e un paio di pezzi in cui affiora l'animo confuso di Clapton, che non riesce a frenare la sua passione per la moglie del suo migliore amico ( Patty Boyd, moglie di George Harrison)... L’apice viene raggiunto con "Key to the Highway", classico blues di  Big Bill Bronzy, che  è da ascoltare in repeat… gli assoli della slide di Allman e quelli della strato di Clapton si rincorrono lungo dieci infuocati minuti supportati da una ritmica incalzante e trascinante. Se solo penso che si tratta di una jam improvvisata.. ebbene, la sessione di registrazione era terminata e i tecnici stavano tornando a casa, quando Clapton e Allman sentirono che nello studio vicino un tale stava incidendo una cover di  “Key to the higway” così presero spunto e iniziarono a strimpellare (no, strimpellare non è il termine corretto, io strimpello, loro suonavano!). Il loro produttore, Tom Dowd, avendo intuito che la jam poteva essere molto interessante, corse fuori a richiamare i tecnici, ordinando loro di ritornare ai loro posti e registrare quei due fenomeni che si rimpallavano la parte ritmica e quella solista con una naturalezza sbalorditiva! (forse se avessi avuto anche io un compagno di suonate avrei imparato davvero a suonare la chitarra, ho dovuto invece accontentarmi delle mie inconstanti strimpellate solitarie) 

Purtroppo Derek and the Dominos hanno vita breve, un album e un tour.. il 1971 vedrà Allman morire in un incidente motociclistico e  Clapton autodistruggersi con l’eroina.. sparirà per un paio di anni dalla circolazione, tornando ad esibirsi solo nel 1973, nel famoso  concerto al Rainbow Theatre, organizzato per lui da Pete Townshend.