Tears in heaven by aftermidnight78
Nel 2011 due persone molto vicine a me hanno perso un genitore. Per entrambe è stato un fulmine a ciel sereno, ma il loro modo di reagire è stato diametralmente opposto.
Ho riflettuto molto su come hanno affrontato un momento così delicato, che ha segnato inevitabilmente una svolta nelle loro vite. Per il mio amico in questione il padre rappresentava un ostacolo che gli impediva di trovare la sua strada. Da anni mi diceva che voleva spezzare queste catene, ed ora che il fato ha accelerato i tempi si è trovato un’autostrada di fronte a se e, coerentemente, è salito in macchina ed ha iniziato a percorrerla. Può sembrar crudo parlare in questi termini dopo la morte del proprio padre, ma la realtà è questa e credo sia peggio negare in modo ipocrita la rabbia che in certi casi si prova.
L’altro estremo è rappresentato da una ragazza che perde la madre, che da sempre ritiene la sua migliore amica, la roccia su cui appoggiarsi nei momenti di sconforto, un rapporto così stretto quanto raro. In questo caso il dolore è così forte che non le crea forti disagi nel riprendere normalmente la propria vita, anche a distanza di diversi mesi ogni cosa appare svuotata di senso se non si ha la possibilità di condividerla.
Non nego che entrambe le reazioni mi hanno stupito e hanno rafforzato in me la convinzione che un genitore, ad un certo punto, debba fare lo sforzo, seppur doloroso, di allentare il vincolo emotivo che ha con loro, favorendo il naturale processo delle cose.
Questa è per A., registrata in un momento poco poetico ( mentre attendevo che l’acqua per la pasta raggiungesse il bollore) ma non per questo meno sentita. Eric Clapton ha sempre ritenuto che sia stata una buona terapia per superare il dolore della perdita di suo figlio di 4 anni; e quando, anni dopo, si è reso conto di averlo superato ha smesso di suonarla.
Ecco, se potesse servire a qualcosa, te la suonerò ogni volta che vorrai.
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