Il periodo natalizio quest’anno è stato caratterizzato dalla precisa volontà di non pensare agli spettri degli ultimi mesi, a cosa serve altrimenti questa festa? Il suo significato religioso non mi interessa, il lato consumistico mi indigna, ma sono rinfrancato dal tempo passato con i miei cari e dalle attenzioni date e ricevute. Dopo un anno passato a pensare principalmente ognuno a fatti propri ci si ritrova tutti insieme per condividerne una parte.
Babbo Natale ha pensato bene di fomentare le mie ambizioni da musicista di strada, facendomi trovare sotto l’albero un banjo e un’armonica, visti i tempi di crisi in cui viviamo è un preciso invito a considerare possibile un futuro da strimpellatore vagabondo.
Ed in realtà è proprio questo quello che ho voglia di fare in questi giorni finalmente liberi dal lavoro: partire al mattino presto con la macchina e la chitarra, gironzolare finche non trovo un bel posto, magari verso i monti e con un bel panorama ( i Sibillini in questi giorni sono uno spettacolo visti dalle mie parti) e mettermi a suonare canticchiando qualcosa di Eric Clapton o, ancor meglio, qualcosa da “Harvest” o “After the gold rush” di Neil Young. La delicata disperazione di alcuni dei suoi pezzi è un perfetto accompagnamento al momento che sto passando e alle riflessioni di fine anno volutamente evitate.
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