giovedì 17 novembre 2011

1993

Ogni tanto scendo in garage a sistemare un po’ di cose, devo comprimere libri, quaderni e diari della mia adolescenza in spazi sempre più angusti per fare largo ad oggetti più recenti.
Spesso mi trattengo più del dovuto per rispolverare vecchi ricordi. Questa volta, da uno scatolone tenuto insieme da un centinaio di metri di nastro adesivo, è saltato fuori il diario del primo anno di liceo, 1992-93! Non ricordavo di avere il vizio di appuntare i voti dei compiti in classe e delle interrogazioni, di fare i calcoli delle medie per ogni materia… ma d’altra parte quello è stato il mio ultimo anno da studente modello, dal secondo anno presi le cose molto più alla leggera puntando al minimo risultato utile con il minimo sforzo necessario. Con il senno di poi, se potessi, mi prenderei a ceffoni. Ancora non riesco a capire perché avessi tanta rabbia dentro di me a 15 anni, in parte è normale, ma probabilmente avrei fatto meglio a sfogarla in modo diverso, piuttosto che privarmi di certe opportunità.
Il ’93 è stato l’anno in cui ho iniziato a fumare, in cui inizia a frequentare la palestra, in cui passai il mese di luglio a leggere tutto quello che avevo per casa di Pirandello , l’anno in cui, da buon fan sfegatato, attesi con impazienza l’uscita di “Zooropa” degli U2 senza poi accorgermi che tale album avrebbe rappresentato la fine del loro periodo migliore, l’anno in cui ho gettato le basi per alcune amicizie che durano ancora, l’anno in cui volevo iniziare a suonare la batteria, in cui  i miei pensieri per il gentil sesso si spostavano da una ragazza all’altra ogni mese, ma inevitabilmente non si concretizzavano mai, l’anno in cui, a dispetto di quello che costantemente diceva di me una professoressa, decisi che non sarei diventato un ingegnere, è stato l’anno in cui avevo lo stesso taglio di capelli di adesso, l’anno in cui, quando alle 7 di mattina mettevano “Nevermind” o “In utero” sul pullman, mi rovinavano la giornata; è stato anche l’anno in cui ho smesso di andare in chiesa, l’anno in cui ho consumato i vinili di De Andrè di proprietà di mia sorella e le sue cassette di Guccini e De Gregori.
È stato sufficiente sfogliare poche pagine di un diario per risvegliare una quantità di speranze, illusioni e sogni ingenui che per un po’ hanno preso il posto del cinismo nel cuore indurito di un ultra trentenne.

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